La fontana della piazza soprana, oggi piazza S. Giacomo – Grazie alla collaborazione del figlio del dott. Antonino Bianco, Pinello, posso presentare ai galatesi di oggi la fontana fatta edificare dal principe Antonio Amato e Buglio[1] e far conoscere una realtà che accompagnò le generazioni galatesi dall’ultimo decennio del secolo XVII sino al 1936.

L’ Anonimo a proposito scrisse[2]:

La terra abbondantissima di acqua, di oltre tredici pozzi di di acqua sorgente. Ammirasi nel quartiere piano, nel mezzo della piazza nuova una bellissima fonte di bella pietra a cui somministra le acque una sorgente abbondante dal nome Troncali ad un miglio, fontana fatta costruire nel 1690 dal Principe di Galati Don Antonio Amato con la spesa di onze 200. Questa di Troncali è sì fredda la sua origine che braccio gagliardo non si avvicina per estrarre a una a una cinque pietre senza sentirsela intirizzire.

Fu proprio nell’anno 1936 che finalmente il paese cancellò quella triste necessità di approvvigionamento idrico dalla fontana che riporto in questa nota poiché, per insistente volontà di alleviare le pene degli abitanti, il podestà dell’epoca, dott. Antonino Bianco, riuscì a portare nel contesto abitativo l’acqua della sorgente di Titi.

Ricordo che avevo circa otto anni, quando dalla prima rustica fontana, fatta estemporaneamente con una tubo curvato manualmente, e posto nella piazzola che è oggi occupata dalla bottega di frutta e verdura dei Destro, schizzò il primo sbuffo di acqua che inzuppò i tanti presenti all’avvenimento.

Noi ragazzi sciamammo in giro per le vie del paese, gridando: Rrivau l’acqua ‘e Titi, nni bagnau l’acqua ‘e Titi.

Ma in precedenza, e per circa quattrocento anni, le donne e le ragazze e i ragazzi di Galati dovevano rifornirsi presso quell’unica bocca d’ acqua che sgorgava in piazza S. Giacomo, per i bisogni di abitanti e bestie: padre Gaetano Drago[3] ne descrisse la storia quotidiana con parole efficaci che mi piace tramandare:

Per due secoli e mezzo quella fontana è stata per tutte le ore del giorno, e spesso della notte, meta non sempre pacifica dei pitto­reschi pellegrinaggi delle portatrici d’acqua, giovani e anziane, che incedevano con le anfore bilanciate sul capo, ritte e impettite come le belle Cariatidi dell’Erettéo d’Atene.

Quanti cicalecci, quanti clamori, quante quartate andate in pezzi ricorda nella sua solitudine la vecchia fontana ora a riposo e fuori della piazza, da quando ha dovuto cedere il posto allo stradale e un nuovo approvvigionamento ha portato l’acqua nelle case!

E quanta poesia è scomparsa! Il vecchio pioppo che da più d’un secolo l’avvolgeva amorosamente della sua ombra, è morto di tristez­za quando non ha più sentito il canto della fontana.

L’acqua della fonte, fra le tante utilità, fu nutrimento per la crescita e la conservazione centenaria di un maestoso pioppo, del quale sopra fa cenno p. Drago: il progresso costrinse gli urbanisti a spostare la fontana dalla sua plurisecolare sede, condannando a morte, come verseggiò il concittadino Vincenzo Orlando,  ddu chiuppu smisurato,/ l’ornamentu di sta chiazza.

(Fonte: Dr. Salvatore G. Vicario)


[1] La fontana fu edificata l’anno precedente la morte del principe, avvenuta a Palermo il 25 marzo 1691

[2] Ms presso la Biblioteca comunale di Palermo Qq D 85/15

[3] Gaetano Drago, Galati Mamertino e la Calacte di Ducezio, Roma  1959, p. 107